La Storia

Così ha scritto lo storico abruzzese Cesare Antenucci:


"...Infine stanchi d'essere tenuti

soggetti ai fasci, come tanti schiavi,

in lega formidabile si strinsero

avverso a la città superba e ingrata ..

Fan parte de la lega i Marrucini,

Vestini e Marsi, Frentani e Peligni,

Sanniti, Picentini ed i Lucani.

Anima de la lega il valoroso

capitano Pompedio Silone,

un degno figlio de la gente Marsica;

supremo comandante Papio Mùtilo,

un figlio egregio dè l'eroico Sannio.

A Montepicco (1) si riuniscon tutti

i forti duci de le varie genti

e giurano di vincere o morire.

Patto solenne: distruzion di Roma!

Oltre a ciò di tutta la penisola

far dei popoli un'unica repubblica

con piena libertà e diritti uguali:

capitale Corfinio dei Peligni,

ma col nome mutato in quel di Italia ...."



(1) Montepicco in Pescosansonesco

fonte: http://www.pescosansonesco.eu/ita/




Già nel II secolo a.C. si dibatteva su quale status giuridico assicurare agli Italici. In proposito la "Lex Licinia Mucia de civibus redigendis” del 95 a.C., aveva mantenuto i criteri restrittivi di una precedente legge. Quattro anni dopo però, il tribuno Livio Druso, vincendo le tante opposizioni, riuscì a far ottenere agli italiani il diritto di cittadinanza. Purtroppo, assassinato Druso, il tribuno Quinto Varo, cittadino romano, ma nativo di Sucrone in Iberia, fece abrogare la legge, scatenando il malcontento delle popolazioni colpite. Il pretore romano Servilio fu inviato ad Ascoli per inquisire secondo le nuove norme; qui si espresse in termini tanto minacciosi che fu massacrato assieme al seguito ed ai Romani residenti in città. Gli Italici si riunirono in un’assemblea per discutere su come reagire alle prepotenze di Roma. Vi parteciparono Marsi, Peligni, Marrucini, Vestini, Piceni, Sanniti, delegati dalla Lucania e dall'Apulia. Quando la Roma precristiana iniziò la sua ascesa, assoggettando gran parte dei popoli della penisola, si limitò a concedere soltanto ad alcuni la cittadinanza latina, o, secondo criteri legati al censo, quella romana. Con questo sistema Roma pensava di mantenere il controllo in base al principio del "divide et impera", ma le legittime aspirazioni dei popoli del centro-sud che spesso avevano combattuto al suo fianco nelle campagne di conquista, fecero sì che, nel 90 a. C., si riunissero in un’assemblea per discutere su come reagire alle prepotenze di Roma. Fu così che nel 91 a.C., nacque la Confederazione dei POPOLI ITALICI, detta "Lega Italica", in cui delegazioni di Sanniti, Marsi, Piceni, Vestini, Frentani, Marrucini, Apuli e Lucani raggiunsero i Peligni nell'antica Corfinium per farne la capitale confederale ribattezzandola "ITALIA", nome che, per la prima volta nella storia, assunse significato politico di nazione. Corfinium, elevata al rango di capitale della Lega Italica coniò anche una sua moneta dove, per la prima volta nella storia , venne impressa la scritta "Italia", a designare il nuovo nome della città. La Lega Italica oltre a darsi una capitale si organizzò in maniera simile a quella romana ovvero un'assemblea analoga al senato e un esercito comandato da due capi, come i consoli. Corfinio come capitale ebbe però circa un anno di vita, perché la Lex Iulia, concedendo la cittadinanza romana alla maggior parte dei popoli confederati, sciolse la confederazione trasformando Corfinium in municipio romano.


fonte: http://www.italicaegentes.org/lega.htm

SANNITI

Il primo problema che si affronta nella descrizione dei Sanniti, è l’attendibilità delle fonti storiche. Si tratta di un popolo che ha ingaggiato una dura lotta con i romani per circa tre secoli, uscendone, alla fine, sconfitto.

Tutti gli storici che descrivono questo popolo, come Livio ad esempio, sono filoromani, cioè schierati dalla parte dei vincitori, ed hanno svolto una continua propaganda, volta ad esaltare i signori del mondo di allora e ad oscurarne i nemici.

I sanniti, presenti in Italia già dal 600 a.C., sono frutto di una fusione tra popolazioni autoctone provenienti dall’area sabina centro-meridionale ed indoeuropee. Il risultato di questo processo è stato la formazione di gruppi osco-umbri che si sono sparsi su tutto il territorio. Questi trovarono una lingua locale abbastanza facile da apprendere e la fecero propria: l’osco. Essa, infatti, risulta essere la più diffusa in tutta l’Italia.

Una seconda difficoltà relativa alla descrizione dei sanniti sta nell’individuarne l’autenticità. Infatti, oltre ai sanniti stessi, esistevano moltissime popolazioni che parlavano l’osco: Sabini, Bruti, Lucani, Peligni (di Sulmo e Corfinium), Umbri, Piceni, Marsi (Fucino inferiore e Alba Fucens) , Aurunci (di Cales) , Equi (di Carseoli) , Volsci (di Arpinum, Fregellae), Hernici (Ciociaria), Frentani (di Larinum) , Apuli o Dauni (di Arpi) , Messapii (Salento) , Marrucini (basso Abruzzo) , Vestini (alto Abruzzo) , Campani (di Capua) , Alfaterni (di Nuceria) , Sidicini (di Teanum).

Molti di questi popoli sono noti anche come sabellici, nel senso che parlavano dialetti di tipo osco, mentre sabelli sono considerati quei popoli che parlavano direttamente l’osco. Ai primi appartengono i seguenti popoli: Peligni, Marrucini, Vestini, Marsi. Ai secondi: Sanniti, Mamertini, Frentani, Sidicini, Campani, Lucani, Apuli, Bruzi .

I sanniti, i sabelli per eccellenza, si distinguevano dagli altri popoli anche per altri elementi: arte, religione, senso della difesa comune, sistema legislativo. Le tribù sannite erano quattro:

i Carecini, abitanti della regione del basso Abruzzo, con capitali Cluviae, Aufidena e Juvanum;

i Pentri, popolo bellicoso, residente in Molise, con capitale Bovianum, che annoveravano tra le loro città Aesernia e Sepinum;

i Caudini, tribù ellenizzata, residente nella zona del beneventano, con capitale in Caudium, l’odierna Montesarchio, e Telesia;

gli Irpini (dall’osco hirpus-lupo), popolo lottatore, che aveva la propria capitale in Maleventum ed anche città come Aeclanum, Abellinum, Compsa, Carife, Aquilonia, Luceria e Venusia.

Queste tribù occupavano e gestivano il controllo di una regione estesa ed impervia.


LUCANI

I Lucani erano un popolo di ceppo Indoeuropeo, stanziato sui monti dell'Appennino centrale. Alla fine dell'età del ferro, verso il 500 a.C., dopo aver fondato Teggiano ed Atena Lucana, lungo il fiume Tanagro, si diressero verso l'Agri, fondarono la città di Grumentum e si diffusero anche nell'intera Lucania, mescolando­si con gli autoctoni, ossia con le popolazioni indigene, siano esse Pelasgi o Enotri.

Il nome Lucani deriva dal termine osco lukon che significa lupo.

La Lucania ha origine con i Lyki , popolazione proveniente dall'Anatolia, mentre a partire dall'VIII secolo sulle coste s'insediano i Greci. Comunque la Lucania di allora avava confini diversi da oggi: infatti si estendeva tra i fiumi Lao (Calabria) e Sele (Campania) sul Tirreno e tra i fiumi Crati (Calabria) e Bradano (Lucania) sullo Ionio.

Intanto tribù osco-sabelliche scendono dall'interno per combattere il predominio greco che, non dimentichiamolo, arriva sino a Poseidonia , loro capitale. Distruggono tutto, tranne Velia.

Nel 282 a.C., i Lucani, dopo una certa resistenza, furono assoggettati dai Romani. Questi, nell'epoca repubblicana, fecero di Grumentum un fiorente centro commerciale, colle­gato tramite la via Popilia da una parte al Tirreno, dall'altra allo Ionio. Dopo l'avvento di Roma, i Lucani si alleano con Pirro ma poi seguono le vicende romane, quindi anche la caduta dell'Impero e l'arrivo dei barbari.

APULI

Popolazione di origine illirica abitante l'odierna Daunia, da cui avevano anche il nome di Dauni .

Si svilupparono dapprima sul mare in semplici villaggi, vivendo di commercio e di pirateria. Successivamente si diffusero nell'entroterra, mescolandosi con le popolazioni autoctone, fondando dei centri urbani, risentendo dell'influenza greca.

In età neolitica la fertile pianura del tavoliere era già fittamente colonizzata da centinaia di villaggi sparsi, ognuno racchiuso da un fossato cingente un’area vastissima. I primi contatti con il mondo egeo risalgono all’età del bronzo e la Daunia era indicata dagli Elleni come la “terra di Diomede", ritenuto il fondatore di Arpi (la capitale), Canosa, Siponto (Sipontum). Inoltre ricordiamo la città di Herdoniae (Orta Nova). Tutti questi centri conobbero anche un discreto prestigio, al punto che coniavano monete proprie. Frequentissimi erano anche i contatti con le terre al di là dell’Adriatico, a cui si inviava il grano del Tavoliere e da cui si riceveva prodotti di metallo.

Subirono il dominio dei Sanniti e poi dei Romani. In seguito conobbe prestigio la città di Luceria, che divenne importante colonia romana.

FRENTANI

Popolazione di origine illirica che ha subito un processo di fusione con una autoctona, residente già dal Neolitico. Teneva il proprio dominio nella regione relativa all'alto Molise.

Il principale centro abitato fu Larinum, divenuto in seguito colonia romana. Furono spesso alleati con i Sanniti. Altri centri importanti dei Frentani furono: Epineion (Ortona) il cui significato in osco è "arsenale organizzato sul mare", Lanciano (colonia romana Anxanum), Vasto (Histonium ).

Popolo guerriero si difese sino allo stremo dal processo di romanizzazione, subendo successivamente la conquista dei Romani. Vivevano di agricoltura, pesca ed allevamento, nonchè producevano prodotti agro-alimentari.

PICENI

I Piceni (o Picenti) erano una popolazione italica, stanziata in età romana nel Piceno che fu abitato oltre che dai Picenti a nord (Ager Picenus) anche dai Petruzi a sud (Ager Praetutianus) e da gruppi di Liburni.

La civiltà picena sviluppò un rilevante nucleo abitato nelle attuali basse Marche comprendente un’area sacra che si dimostrò essere la più importante nella vita religiosa di quella che ancor oggi, per molti aspetti, rimane una popolazione misteriosa.

Sulla sponda sinistra della foce del Tesino i Piceni eressero il tempio della loro massima divinità: la dea Cupra, ovvero la dea della fertilità, la grande madre protettrice. Per capire perché essi si stabilirono in questa località e quale fu la reale importanza del loro insediamento, che costituì il nucleo primario di quella che nel corso dei secoli sarebbe poi diventata la cittadina di Grottammare, non ci si può esimere dal tracciare, ovviamente a grandi linee, la storia di questo popolo illustrandone almeno le fondamentali caratteristiche. Varie sono le ipotesi avanzate sull’origine dei Piceni che nella prima età del ferro (circa decimo - nono secolo a. C.) occuparono il tratto di costa adriatica compreso tra i fiumi Foglia a Nord e Pescara a Sud e delimitato ad Ovest dagli Appennini.

Per gli scrittori antichi (Strabone, Plinio il Vecchio e Festo) avrebbero avuto origine da una migrazione di Sabini: un picchio (picus), uccello sacro a Marte dal quale il gruppo trasse il nuovo nome, li avrebbe guidati posandosi durante il viaggio sul loro vessillo. Il motivo di questa migrazione sarebbe stato un voto di "primavera sacra": presso le antiche popolazioni era consuetudine offrire agli dei tutti i nati tra il 1° marzo ed il 30 aprile di un anno di carestia o di guerra; gli animali venivano immolati mentre i bambini, una volta raggiunta l’età adulta, all’inizio della bella stagione erano accompagnati ai confini da dove partivano alla ricerca di nuove terre in cui stabilirsi e fondare nuove sedi per gli dei nazionali.

Ultimamente alcuni storici hanno messo in dubbio la consuetudine di ritenere i Piceni generati da uno sciame votivo dei Sabini. Alla luce dei vari ritrovamenti archeologici è stata avanzata l’ipotesi che questo popolo non sia di derivazione indoeuropea.

Solo in epoca successiva ad esso si sarebbero sovrapposti i Picenti, cioè appunto quelle tribù italiche del gruppo umbro–sabellico cui fanno riferimento gli scrittori classici (i Sabini concordemente erano ritenuti una diramazione degli Umbri). Tuttavia altri studiosi - ed è questa oggi l’ipotesi prevalente - non fanno distinzione tra Piceni e Picenti e ritengono, in sintonia con l’antica tradizione, che questo popolo derivi dal grande gruppo etnico degli Umbro–Sabelli. Per fortuna i vasti rinvenimenti archeologici di abitati, necropoli e stipi votive, oltre a creare discordanza di opinioni sulla sua genesi, hanno anche consentito di pervenire a maggiori conoscenze su questa civiltà. E’ stato così appurato che i Piceni si appropriarono dei territori occupati, non aggregandosi in forti nuclei (non fondarono mai grosse città), bensì dando vita a piccoli stanziamenti, dividendosi e disperdendosi per famiglie e per tribù. Questo frazionamento tribale ha fatto sì che essi non arrivassero mai a costituire un’unità cosciente della propria autonomia culturale e la loro civiltà, pur con una sua innegabile caratterizzante fisionomia, si differenziò di località in località, a volte in modo notevole. Ed è proprio per questa struttura che si potrebbe definire cantonale, che si può parlare di confederazione picena. Gli scavi hanno dimostrato come queste tribù si stabilirono principalmente lungo la costa e lungo le vallate dei fiumi che dagli Appennini si gettano in Adriatico. E’ stato notato come l’agglomerato piceno sorgesse sempre nei pressi dei precedenti insediamenti delle popolazioni dell’età del bronzo (alcune volte si sovrappose direttamente ad essi). Infine è stato rimarcato un ulteriore aspetto di questo popolo: la sua attiva partecipazione agli scambi commerciali, in modo particolare a quelli via mare, con gli altri popoli affacciati sull’Adriatico (Liburni, Illiri, Dauni , Etruschi adriatici ).

Il Piceno rappresentò poi uno snodo cruciale della celebre "via dell’ambra" (che veicolava sulle rotte adriatiche questa preziosa resina fossile proveniente dalle regioni baltiche) e di tutti gli altri traffici marittimi che si svilupparono in Adriatico. Ciò è dimostrato dal rinvenimento nella necropoli di Novilara (Pesaro) sia di materiali che attestano una direttrice di traffico in senso Nord-Sud (ceramica daunia e ambra) sia di prodotti in bronzo (e particolarmente fibule) che documentano invece una relazione tra l’area picena e le coste dalmate.

Dunque appare evidente che i Piceni abbiano posseduto, se non veri e propri porti, almeno dei luoghi di attracco.

VESTINI

Popolazione di origine illirica che ha subito un processo di fusione con popolazioni autoctone ed altre di origine osco-sabella.

Ebbero rapporti con Umbri e Piceni e subirono un processo di romanizzazione. Presero parte alle guerre sociale e civile, subendo notevoli perdite.

Il loro territorio divenne provincia romana. Le città dei Vestini più famose furono Pinna (Penne) e Peltuinum, divenuta città romana.

MARRUCINI

Popolazione di origine illirica che ha subito un processo di fusione con una autoctona, residente già dal Neolitico. Subì influenze umbro-osche e teneva il proprio dominio nella regione relativa al basso Abruzzo.

Il principale centro abitato fu Teate, divenuto in seguito colonia romana, ed oggi conosciuta come Chieti. Testimonianze romane sono i tre piccoli tempietti (I secolo d.C.), i resti del teatro, le grandi terme (alimentate da una cisterna costituita da nove vani scavati in una collina). Il Museo archeologico nazionale conserva notevoli reperti provenienti dagli scavi della regione (celebre la statua del Guerriero di Capestrano del VI secolo a.C.).

Popolo guerriero si difese sino allo stremo dal processo di romanizzazione, subendo successivamente la conquista dei Romani. Vivevano di agricoltura, pesca ed allevamento.

PELIGNI

Popolo autoctono di origine umbro-sabella.

Il loro territorio, abitato già nel neolitico, che si colloca in Abruzzo, attorno al complesso montuoso della Maiella, diede origini alla famiglia imperiale romana dei Flavi di Vespasiano, Tito e Domiziano.

Popolazione dedita alla pastorizia ed all'allevamento. I centri di maggiore interesse furono Sulmo (Sulmona), Lama e Corfinium.

La terza città divenne capitale della lega italica durante la guerra sociale contro Roma. Questo testimonia il livello di importanza politica e militare che aveva raggiunto questa popolazione.

La loro cultura venne soppiantata da quella romana e rapidamente il territorio peligno divenne luogo di possedimenti agricoli dei nobili romani.

MARSI

Roma nei secoli V e IV prima di Cristo, dopo circa 150 anni di lotte - ora ricorrendo alle armi ora stipulando trattati di pace - aveva esteso i suoi domini su tutti i popoli latini, che possiamo considerare circoscritta entro i primitivi confini del Lazio.

La politica adottata dai Romani in questa espansione era improntata alla romanizzazione delle terre e delle città sulle quali estendevano i loro domini. Essa consisteva nel lasciare alle terre sottomesse piena autonomia, considerando quelle popolazioni più come soci che come sottomessi. Con questo atteggiamento il Senato e il Popolo Romano non solo non opprimevano l'autonomia degli altri, ma davano la netta impressione di rispettarla e di garantirla. Le condizioni, possiamo dire di contropartita, richieste ai sottomessi si riducevano al divieto di stipulare trattati ed alleanze fra di loro e di stabilire qualsiasi altro rapporto con altri popoli. Inoltre dovevano contribuire con uomini e materiali al potenziamento dell'esercito di Roma. In sostanza, oggi diremmo che la politica estera e militare era riservata al Senato e al Popolo Romano, la politica interna era autonoma. Garantiva, infine, il rispetto di questi patti la presenza di presidi e di fortezze, che i Romani stabilivano in ogni città e luogo strategico dei popoli sottomessi.

Dopo il 350 a.C. Roma era una vera potenza militare e politica, naturalmente portata ad espandersi e ad essere contrastata. Difatti, venne subito a contatto con due dei popoli più forti, che le intralciarono il cammino: a Nord gli Etruschi e a Est i Sanniti. Con gli Etruschi c'erano già stati degli scontri e, ormai, la raffinata civiltà di quell'antichissimo popolo si trovava nel periodo della decadenza: tuttavia, opponeva ai Romani ancora una valida resistenza.

Molto più dura e più lunga fu la lotta con i Sanniti, che si protrasse ancora per 50 anni, fino al 290 a.C..

Durante questa guerra i popoli Marsi , di origine indoeuropea, con caratteri prevalentemente sabini, dapprima furono alleati dei Sanniti, e, trovandosi essi a confine tra il Sannio e il territorio dei Latini già conquistato dai Romani, dovettero subire il primo urto della guerra fra le due grandi potenze di allora. I Marsi si difesero in modo strenuo e già da allora si acquistarono la fama di guerrieri forti e coraggiosi, come in seguito li descriverà e li tramanderà concorde tutta la letteratura latina.

I Marsi avevano nel loro territorio città e fortezze ben munite, fra le quali Marruvio (San Benedetto), Angizia (Avezzano), Pago di Venere, Cerfegna (Collarmele), Pliestilia (Pescina?), Fresilia (Pescasseroli?), Opi .

Milionia, come abbiamo detto, sorgeva nei luoghi attualmente denominati Casei, Rivoli e Colle Cavallo, ed era, dal punto di vista strategico, una fortezza di capitale importanza per i Marsi e per gli alleati Sanniti : infatti, essa, per essere posta sui monti circostanti le rive dei lago Fucino dal lato Sud - Est, era un passaggio obbligato per accedere alle località settentrionali dei Sannio e poteva agevolmente contrastare i valichi di Forca Caruso e Carrito - Cocullo, uniche vie accessibili per raggiungere da Roma i Peligni ed i Subequani. Iniziate, pertanto, le ostilità tra Roma e i Sanniti, i Marsi furono attaccati subito, e furono sconfitti. Per cui fu stipulata una pace tra Roma e i Marsi. Ma le vicende di questa guerra, di capitale importanza per Roma, furono per molti anni incerte ed ingarbugliate. Effimeri patti di alleanza e di amicizia, tradimenti, imboscate, guerriglie: tutti gli eventi di una guerra di supremazia li ritroviamo nel lungo conflitto fra Roma e il Sannio. Nel 304 a.C. di nuovo ci incontriamo con i Marsi alleati con i Sanniti. Ma i Romani in quell'anno ebbero ancora vittorie strepitose, delle quali fu decisiva quella di Boiano nel cuore stesso dei Sannio (Molise).

Ci fu un'ennesima pace fra i Romani e i Sanniti. Anche gli altri popoli italici accettarono le condizioni di pace, in verità molto moderate, dettate da Roma. In quell'occasione "sulla sponda settentrionale dei lago di Fucino fu costruita ALBA, con un presidio di 6.000 uomini, specie di trincea contro i bellicosi Marsi.

Quindi furono fondate Turano e Carseoli.

Nel frattempo i Romani prolungarono la via Valeria fino ad Alba e a Cerfegna (Collarmele).

I Marsi divennero famosi anche per aver dato il via alla Guerra Sociale, che portò il paese alla lotta tra Mario e Silla. I Marsi erano famosi per le loro arti lottatorie: quasi tutti i Marsi erano gladiatori presso i Romani.

Si raccontava che quattro soldati romani equivalevano ad uno marsicano.


e ancora....

CORFINIO : Il paese della Lega Italica

Testo di Panfilo Petrella

Foto di Giovanni Lattanzi e Andrea Papa

Corfinio sorge su un promontorio, a 345 s.l.m., che domina la sottostante valle, solcata dall’Aterno e dal Sagittario: i due fiumi si uniscono prima di Popoli e formano la Pescara. Questa posizione geografica di privilegio ha influito sui destini delle popolazioni che vi si installarono nell’antichità e che ebbero una importanza che noi oggi non possiamo ancora valutare nella dimensione giusta perché non è stata posta la dovuta attenzione alla preistoria e alla protostoria, di cui Corfinio conserva tracce importanti.

Tale attenzione è stata sempre indirizzata a Corfinio, come capitale della Lega Italica nella guerra sociale (91 a.C.), al fatto che in queste contrade per la prima volta sia risuonato il nome Italia e all’assedio di Giulio Cesare (48 a.C.): certo, sono questi gli episodi dominanti della storia della cittadina, ma non bisogna dimenticare la presenza dell’uomo preistorico nella nostra valle. Essa è ampiamente documentata dai giacimenti delle Svolte di Popoli, dai ritrovamenti litici di Impianezza, sul Morrone; nel Colle delle Fate (Roccacasale), poi, ci sono resti consistenti di un insediamento che risale al II millennio a.c., che presentano chiari elementi di influenza delle civiltà orientali.


Per la comprensione della fisionomia delle stirpi pre-peligne e dei passaggi fondamentali dell’antropizzazione del territorio, bisogna rievocare lo scenario preistorico della valle, sommersa da un lago miocenico. Alle gole di Popoli, infatti, una diga naturale sbarra il passo alle acque che defluiscono nella valle: il lago riceve le acque dell’Aterno, che ha concluso l’erosione fra i monti Urano e Mentino, in tempi storici, aprendosi la strada nelle stupende gole di S. Venanzio, del Vella, del Gizio, del Sagittario e di numerosi corsi torrentizi che scendono dalle montagne, i cui segni sono ancora visibili. Il lago è alimentato anche da numerose sorgenti pedemontane, vallive e da quelle considerevoli di Capo Pescara, e si innalza alla quota di 450 m. nel momento della massima espansione, come si può rilevare anche oggi dalla linea terminale del piano lacustre alla Badia, sotto Pacentro, all’lncoronata di Sulmona, sotto Bugnara, a Raiano: in quest’ultima cittadina, c’è una contrada chiamata La Spiaggia, forse toponimo di ancestrale ricordo del lago .In certi momenti dalle acque emerge solo il Monte S. Cosimo o Cerrano, dalla strana forma. Una enorme massa d’acqua, naturalmente, tracima dallo sbarramento di Popoli e sottopone la cresta a violente erosioni: ad un certo punto si verifica il momento-rottura e le acque si riversano violentemente verso l’avanfossa di Alanno, facendosi strada verso l’Adriatico.

Altri ipotizzano una violenta eruzione di un vulcano, posto sulla linea di sbarramento, che frantumando la barriera naturale, apre il passaggio alle acque, con le conseguenze dello svuotamento del lago e della comparsa delle terre lacustri. Si delinea, così, in ogni caso, l’attuale conformazione oroidrografica. Scendono a valle i primi abitanti, cacciatori prima e agricoltori poi, che formano il nucleo originario.

Sulle origini dei peligni sono state formulate varie ipotesi: secondo Ovidio, noi proveniamo dalla Sabina per effetto di uno di quei movimenti migratori dell’antichità, che vanno sotto il nome di Ver Sacrum.

Secondo Festo, invece, noi proveniamo dall’Oriente; è una ipotesi che trova riscontro, fra l’altro, in elementi linguistici, rilevati dal Prof. Giammarco, che ha messo in evidenza l’influenza delle popolazioni orientali installatesi nelle nostre zone nel corso delle invasioni pre-indoeuropee; esse avrebbero dato il nome del loro fiume Drin, a due nostri fiumi, il Tirino, che nasce ai piedi di Capestrano, e il Trigno, che segna i confini tra l’Abruzzo e il Molise: tutti con la medesima base e identici fonemi dell’idronimo Atrno, da cui Aterno.

Dunque, i Peligni: Plinio ci offre la famosa tripartizione: "Paelignorum Corfinienses, Superequani et Sulmonenses". Le prime indicazioni storiche risalgono al 343 (ma ci sono altre indicazioni di date precedenti): essi ebbero un ruolo importante, quasi sempre alleati dei Romani, come nelle tre guerre puniche, nella battaglia di Zama (201 a.C.) e in quella di Pidna (168 a. C.), che aprì la Via Orientale alla romanizzazione.

Il momento di maggior fama lo raggiunsero nella guerra sociale (91 a.C.), quando, con altri popoli italici, i Peligni e i Marsi si scontrarono con Roma, che non voleva concedere la cittadinanza. In breve, dopo il fallimento dei tentativi di riforma di Scipione, di Sempronio e Caio Gracco, gli Italici decisero di rompere gli indugi e di battersi per la conquista del fondamentale diritto di essere trattati da pari a pari dai cives romani.

Fra i popoli italici fu stipulato il Patto Sociale e Corfinio fu elevata al rango di capitale col nome Italica : nella nostra valle, dunque, per la prima volta, alla presenza dei Peligni, naturalmente, dei Marsi, Sanniti, Apuli, Bruzii, Campani, Etruschi, Frentani, Irpini, Lucani, Marrucini, Opici,Oschi, Piceni, Sabelli, Sabini, Salentini, Umbri, Vestini e altri ancora, risuonò il nome ltalia, come simbolo di aggregazione di popoli contro Roma, la città-stato.

A detta di tutti gli storici, la guerra fu tanto aspra e cruenta che, anche al tempo di Vespasiano, servì come punto di riferimento nella cronologia degli avvenimenti, che venivano indicati come accaduti prima o poi la guerra sociale. Oltre trecentomila morti... La superstizione popolare creò e ingigantì episodi, come quelli di statue che grondavano sangue, fiumi che si tingevano di rosso, pioggia di pietre, parti di creature fantastiche, sintomi evidenti della grande ansietà popolare per le terribili conseguenze delle operazioni belliche.

Alla guerra parteciparono illustri personaggi, come Mario e Silla. Corfinio cadde il 30 aprile dell’89 e la capitale fu portata a Boiano: i tempi erano maturi per una conclusione dal momento che le operazioni militari volgevano in favore di Roma e gli Italici si erano resi conto dell’inutilità del proseguimento della guerra. Si giunse abbastanza rapidamente alla fine delle ostilità, salvo qualche resistenza sporadica, con la concessione da parte dei Romani della cittadinanza e la trasformazione delle città italiche in municipi romani.

Corfinio ricomparve agli onori della storia quando scoppiò la guerra civile fra Cesare e Pompeo: la cittadina Peligna era presidiata dai Pompeiani. Cesare varcò il Rubicone il 10 gennaio del 49 a. C. (le date sono quelle del calendario pre-giuliano), in rapida successione occupò Rimini, Pesaro, Fano, Ancona, Gubbio, Fermo, penetrò in Abruzzo e pose l’assedio a Corfinio (15 febbraio).

Nello stesso giorno Cesare cominciò le opere di fortificazione dell’assedio e invio Marco Antonio a Sulmona, altra roccaforte pompeiana, ma i civili e i militari lo accolsero giubilanti, senza opporre alcuna resistenza. L’assedio terminò sette giorni dopo, con la resa delle truppe pompeiane, prontamente inglobate nelle legioni di Cesare, dopo giuramento.

Cesare parla di un vallo castellisque, predisposto intorno alle mura di Corfinio durante l’assedio. Alla fine dell’800, la descrizione di Cesare attirò l’attenzione degli studiosi, che si misero alla ricerca del Vallo. Nel 1879 Napoleone III inviò a Corfinio il suo aiutante in campo, il barone di Stoffel, alla ricerca del vallo. Per espresso invito della Direzione Generale dell’Antichità,

Antonio De Nino fece da guida al barone. Furono effettuati saggi, ma senza risultati soddisfacenti; dopo un mese di inutili ricerche, lo Stoffel decise di tornare in patria, non senza prima aver esortato il De Nino, per il quale aveva grande ammirazione, a proseguire le ricerche. De Nino le proseguì, scavando una trincea dietro la Basilica di S. Pelino e, approfondendo lo scavo, incontrò tracce di un fossato e credette di aver localizzato il vallo.

Lo Stoffel, prontamente informato, espresse le sue perplessità. Il De Nino stilò una relazione nella quale esprimeva il suo convincimento e, con grande onestà intellettuale, vi riportò le obiezioni dello Stoffel. In ogni caso, gli scavi effettuati dal De Nino furono veramente proficui perché riportarono alla luce importanti iscrizioni, tra cui una fondamentale in dialetto peligno, conservata al Museo di Napoli, che costituirono il nucleo lapidario del Museo di Corfinio, fondato negli anni successivi.

ll nome Corfinio scompare e venne sostituito con quello di Pentima, Pentoma, e altre variazioni, ricomparendo solo nel 1928. Ritroviamo il nome di Pentima in Tancredi da Pentima, noto architetto medioevale che fu l’artefice del complesso delle 99 Cannelle a L’Aquila, sorto fuori dai quarti della città di Federico, di cui è diventato il simbolo.

fonte: http://www.profesnet.it/dabruzzo/cultura/corfinio.htm

L'abruzzo tra Storia e Memoria

http://www.scribd.com/doc/31772750/L-Abruzzo-tra-storia-e-memoria