Lo stabilimento di Pietrarsa fu voluto da Ferdinando "perché del braccio straniero a fabbricare le macchine, mosse dal vapore il Regno delle Due Sicilie più non abbisognasse...". Per realizzare lo stabilimento fu acquistata un'area che si chiamava "Pietrabianca" - posta tra i Comuni di Portici, San Giovanni a Teduccio e San Giorgio a Cremano detta anche "Croce del Lagno" - nome della zona cambiato in Pietrarsa nel 1631 in seguito all'eruzione del Vesuvio poiché la lava era giunta fino a quel punto della costa.
" Pochi esempi offre la storia come quello della situazione in cui venne a trovarsi il piccolo regno sardo-piemontese, che contava poco più di quattro milioni di abitanti, allorché nello spazio di circa due anni dovette affrontare i problemi giganteschi derivantigli dall'assorbimento di oltre 17 milioni di altri italiani (più di 9 milioni dal Regno delle Due Sicilie ed 8 dagli Stati dei centro-nord) in conseguenza del risultato dei plebisciti d'annessione….. l'insufficienza dei quadri della competente burocrazia da destinare alle nuove province per assicurarvi un omogeneo andamento della cosa pubblica;… il sopravvenire delle due campagne del 1866 e del 1870; la frettolosa estensione di talune leggi di prevedibile contenuto impopolare (ad esempio la coscrizione obbligatoria e l'imposizione della carta moneta oltre alla tassa sul macinato successiva al 1866) nei territori annessi; infine, errori di valutazione come quello, ad esempio, dello scioglimento delle formazioni militari borboniche, dal quale derivò la formazione di una criminalità così imponente (pretestuosamente politica, poi ambientale) da determinare una campagna supplementare di occupazione militare" . Cosi inizia il capitolo sul brigantaggio di www.carabinieri.it ma di Pietrarsa non si parla.
La crisi economica che si verificò all'indomani dell'unificazione d'Italia spinse il governo a privatizzare la gestione dell'opificio di Pietrarsa. La sospensione dal lavoro di molti operai era il provvedimento più semplice per il nuovo proprietario che voleva vederci chiaro sulla competitività. Gli impegni assunti di far rientrare in fabbrica tutti gli operai sospesi e a rilanciare il ruolo dell'insediamento produttivo non ebbero un seguito. Alle proteste sia occupazionali che salariali si rispose con il licenziamento di 60 operai. Gli operai diedero allora avvio alla occupazione della fabbrica, mentre i dirigenti lasciavano Pietrarsa. Per timore di rappresaglie questi richiesero l'intervento della forza pubblica per sedare la rivolta e le polveri presero fuoco quel 6 agosto del 63.
6 Agosto 1863. Bersaglieri, carabinieri, guardie civiche sparano su una folla di operai esasperati: due morti e numerosi feriti (12)(chi dice quattro morti: versioni diverse danno anche numeri più alti ). (Archivio di Stato di Napoli, fondo Questura, fascio 16). All’epoca, come detto da più parti (Esposizione industriale - Firenze 1861 e Londra 1862), l’officina di Pietrarsa con oltre 1.000 operai era un fiore all’occhiello dell’industria sia nazionale che meridionale. A Pietrarsa fu però preferita l'Ansaldo (l'Ansaldo, prima del 1860 contava soltanto 500 dipendenti e dopo due anni li raddoppia), di Giovanni Ansaldo (vedi sotto storia) finanziata come sempre con soldi pubblici. Al Sud non restò neanche la commessa per le locomotive regionali. Solo un centinaio su 600 locomotive fu appaltato a Pietrarsa che, dopo vari passaggi di proprietà, nel 1885 venne addirittura declassata a officina di riparazione. Facevano ala a questa produzione gli altoforni di Mongiana (Calabria) e Atina che vengono chiusi nel 1874. Il 25 giugno 1874, in "ottemperanza" alla Legge 23/6/73, Mongiana venne chiusa e fabbriche, officine, forni di fusione, boschi, segherie, terreni, miniere, alloggi e caserme, tutto il complesso diventò la "casa di campagna" di Achille Fazzari, ex garibaldino. La Calabria si era sostenuta fino ad allora con piccole miniere locali e altoforni che funzionavano a legna. La cosa non era più possibile, sia per ragioni ambientali che di concorrenza col carbone. http://www.vocedimegaride.it/html/Articoli/IndustriePesanti.htm
A parziale compensazione delle cancellazioni produttive a partire dal 1904 il Governo Giolitti varò la “Legge speciale per il Risorgimento di Napoli”. Fu la base per la costruzione nel 1909 dello stabilimento siderurgico ILVA che con i 12 ettari di superficie ed i tre altoforni da 150 tonnellate, costituirà per un trentennio uno dei più importanti poli industriali del Mezzogiorno. Arriverà ad occupare nel 1919 oltre 4.000 operai, e nel 1973 quasi 8.000. Con la crisi del 29 l’Iri acquisisce l’impianto. Lo stabilimento è rimasto nell’ambito del così detto Ospedale delle Industrie fino alla definitiva dismissione all’inizio degli anni ‘90. Nel 1962 diventò Italsider, affiancandosi agli altri tre impianti italiani, quello di Genova Cornigliano, quello di Terni ed il nuovo stabilimento di Taranto. Tornò ILVA solo verso la fine degli anni ’70 quando iniziò anche la grande crisi del settore.
Che i Savoia al Sud, nonostante tutto, a distanza di quasi 100 anni godessero ancora di larga considerazione lo dicono i risultati del referendum istituzionale indetto nel '46 che sancì per il Re (al sud) una percentuale vicina al 64%. A fronte di un dato nazionale finale per la Repubblica del 54,3% (che cancellò la monarchia) le regioni meridionali, dal Lazio in giù isole comprese, portarono una dote di 5.930.000 (63,84% che non è poco) voti contro i 3.359.000 per la Repubblica.
« Ciò che è certo è che il Regno di Napoli era nel 1857 non solo il più reputato d’Italia per la sua solidità finanziaria – e ne fan prova i corsi della rendita – ma anche quello che, fra i maggiori Stati, si trovava in migliori condizioni. Scarso il debito, le imposte non gravose e bene ammortizzate, semplicità grande in tutti i servizi fiscali e della tesoreria dello Stato. Era proprio il contrario del Regno di Sardegna, ove le imposte avevano raggiunto limiti elevatissimi, dove il regime fiscale rappresentava una serie di sovrapposizioni continue fatte senza criterio; con un debito pubblico enorme, su cui pendeva lo spettro del fallimento. » (Francesco Saverio Nitti) http://it.wikipedia.org/wiki/Revisionismo_del_Risorgimento
Il ministro delle Finanze del Regno di Sardegna Giovanni Nigra, dopo il ’49, si era rivolto alla banca Rothschild di Parigi «per cominciare a pagare le riparazioni di guerra dovute a Vienna». Quando Cavour gli successe alla guida del ministero «continuò ad utilizzare i Rothschild, ma volle anche introdurre una qualche concorrenza. Il suo primo prestito fu ottenuto nel 1851 per il tramite della piccola banca Hambro di Londra; e benché i Rothschild replicassero tentando di deprimere il corso dei titoli piemontesi a Parigi, l’operazione si concluse con un successo» (D. Mack-Smith, Cavour, Milano 1984, p. 68). Più tardi, dopo la guerra di Crimea, Cavour, facendo a braccio di ferro coi Rothschild, «contro il cui tentativo di ‘ebraizzarlo’ protestò più di una volta, [...] utilizzò altri banchieri: Laffitte, Hambro e il Crédit Mobilier dei fratelli Péreire» (ibid, p. 117). Qualcuno disse molto semplicemente che l'Unità d'Italia venne fatta a spese dei vinti come di seguito «Nella discussione del 9 febbraio 1859 il marchese Costa di Beauregard denuncia: "Il Conte di Cavour vuole la guerra e farà gli estremi sforzi per provocarla. Nella pericolosa condizione in cui ci ha collocati la sua politica, la guerra si presenta al suo pensiero come l’unico mezzo per liberarsi onorevolmente dal debito spaventoso che ci schiaccia, e di rispondere agli impegni che ha preso", il bilancio del regno di Sardegna di quell’anno "ha un deficit di 24 milioni di lire che porta il debito pubblico complessivo ad un totale spaventoso di 750 milioni di lire" . Era quindi sull’orlo della bancarotta sia a causa della bilancia commerciale, da anni in passivo, sia soprattutto per la costosissima politica estera, in questa situazione l’unica possibilità per evitare il tracollo finanziario era la conquista di nuovi territori e come disse l’influente deputato sabaudo Boggio : "Ecco dunque il bivio: o la guerra o la bancarotta".» (Il sud e l'Unità d'Italia, p. 55).
fonte:http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/pietrarsa.htm
Sabato 6 agosto 2011 alle ore 9,30 presso l'ex opificio Reale di Pietrarsa -- Portici, si sono riuniti per la commemorazione degli operai martiri del 1863, un folto gruppo di amici cittadini, attorno allo "stand" allestito e organizzato dalla sezione del "miglio d'oro" del Partito del sud.
Erano presenti alla manifestazione:
Carlo Capezzuto, Mimmo Borrelli, Carlo Troncone, Carlo Ceresa, Luigi Guarino, Alessandro Lana, del direttivo della sezione del "Miglio d'oro" del Partito del sud.
Andrea Balia e Vincenzo Riccio del direttivo nazionale del Partito del sud
Francesco Menna, Bruno Pappalardo, Salvatore Argenio Stilista Identitario e AnnaMaria Pisapia del Partito del sud di Napoli,
Antonio Trotta, Alessandro Citarella della sezione di Bagnoli del Partito del sud.
Carmine Iodice e Daniela Fornasari della sezione di Caserta del Partito del sud.
Giovanni Rea in rappresentanza del comune di Portici Assessorato all'ambiente
Silvio Vanacore in rappresentanza del PRC di Portici
Enrico Natale e Giuseppe Silvestro rappresentanti della UIL-uiltucs
Antonio Iannaccone e Giovanni Cervero rappresentanti del FLN
Gianni Vigilante, Giuseppina D'Isanto, Vincenzo Puglia.
fonte:http://www.youtube.com/watch?v=JnQlBiGU7sY&feature=relmfu