Le temibili Signore della macchia. Tra i briganti ci fu posto anche per le donne: alcune erano madri, mogli o amanti di briganti, ma molte altre erano brigantesse
La fama dei briganti ancora oggi caratterizza, nell’immaginario collettivo, i territori montuosi ed impervi dell’Abruzzo, per secoli ideale nascondiglio delle bande dei fuorilegge. Ma non a tutti è noto che il brigantaggio post unitario conta la presenza di un cospicuo numero di donne. Molte furono semplicemente madri, mogli o amanti dei briganti, ma tante furono vere e propri brigantesse. I documenti del tempo narrano le vicende, o più spesso l’epilogo delle vicende di figure come Angela Maria, madre del brigante Sottocarrao di Thurimparte che nel 1864 fu arrestata con l’ inputazione di “manutengoismo» per avere somministrato viveri ed altro al brigantaggio. Si perché loro spesso vivendo nei paesi e facevano da tramite per i loro coniugi costretti a nascondersi tra le montagne. Appartenevano ad un ceto sociale delle plebi rurali, donne molto innamorate dei propri uomini, pronte a rinunciare ad una vita tranquilla, pur di seguire o di agevolare il loro compagno. Erano consapevoli di non avere scampo, eppure di fronte ad azioni pericolose non si tiravano mai in dietro. Erano le confidenti più sicure, le messaggeri più fidate. Indossavano spesso abiti maschili, per entrare in un nuovo ruolo, un ruolo tutto maschile che però non le privava della loro femminilità. Nascondevano i lunghi capelli sotto il cappello a falda larga ed indossavano anche orecchini d’oro. La maggior parte delle volte capitava che, solo dopo averle catturate, ci si accorgeva del loro sesso e allora si adottava il criterio di commutare l’ergastolo in 15 anni di lavori forzati: fu il caso di Maria Capitanio, Maria Capitanio, Spesso ebbero anche ruoli di primo piano, combattendo o comandando piccoli nuclei briganteschi: fu il caso della bella Michelina De Cesare che fu alla guida di un drappello del brigante Francesco Guerra di cui era l’amante pronte a combattere contro l’esercito piemontese che imperversava nell’Abruzzo e nel Lazio. Le loro tracce sulle montagne dell’Abruzzo si sono ormai perse, sebbene la loro memoria continui a vivere nei documenti e nelle foto conservate presso gli archivi della regione o ancora di più nei racconti e nelle vecchie storie di briganti e brigantesse.
Lettera della brigantessa Maria Suriani al compagno
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Mio caro Domenico, questa cosa che mi avete scritte mi avete fatto mettere a piangere mentre io non voleva andarci a San Nicola, ma la famiglia e i parenti m’anno voluto portarci per forza e mi dicevano se non adempiva al voto mi succedevano discrazie. Ecco vedete che cosa dovevo fare io e non poteva sapere che vi dispiaceva tanto. Perciò se volete seguitare ad amarmi, io vi prometto di fare sempre quello che voi mi dicete. E poi vi avete trovato un’altra sposa comme mi diceste l’altra volta, allora io pazienza faccio la Madonna del Carmine e io mi farò sempre in pianto. Vi mando quattro fazzoletti che tenete per mia memoria, altri sei ve lo manderò in appresso. In tanto vi dico se voi non mi amate più, io me ne andrò da Atessa e non mi vedrete più. Non vi dico la vostra amante ma vostra serva Maria Suriani.