sabato 18 dicembre 2010

“101 cose da fare in Abruzzo almeno una volta nella vita”

Siti grazie

Luisa Gasbarri è un’autrice nota in special modo per essersi dedicata, nei racconti come nel romanzo, al genere noir, ma ha già rivolto in passato la sua attenzione alla nostra regione, ideando e curando la raccolta di racconti Quattordici giorni a domani (Demian) per esempio, che fotografava la realtà metropolitana attraverso gli occhi di giovani scrittori diversamente legati alla città di Pescara.


Dinnanzi al suo nuovo libro viene subito da chiedersi che Abruzzo sia quello che viene descritto, cosa lo caratterizzi, quale la prospettiva narrativa scelta. La parola, dunque, all’autrice.



101 cose da fare in Abruzzo almeno una volta nella vita è un libro importante per me, per diversi motivi. Quando mi è stato chiesto di raccontare, descrivere, la terra in cui sono nata, cresciuta, in cui vivo da anni, che nel tempo ho esplorato lavorando e girando per le sue diverse province, a darmi gioia è stato soprattutto il fatto che non sarei stata costretta a farlo in modo asettico, oggettivo, come in una classica guida turistica. Potevo infatti permettermi una rivisitazione creativa, brillante, poetica e anche ironica volendo, perché il libro è un manuale alternativo: non un elenco di posti da vedere, ma un incatenarsi di desideri, di atmosfere, di incontri memorabili per vivere i quali ho indicato i luoghi per me più adatti, le manifestazioni culturali più interessanti, le esperienze gastronomiche gratificanti, le bellezze naturalistiche o artistiche coinvolgenti. Ho voluto privilegiare le emozioni, e anche se la precisione nei riscontri storici o geografici, nelle curiosità scientifiche o erudite non manca, rimane a ogni modo sullo sfondo. La responsabilità era presentare la mia regione agli occhi dell’Italia intera, far percepire agli altri abitanti della penisola la vivacità, la peculiarità della nostra terra, nelle sue tante sfaccettature, creando però nel contempo un testo che fosse sorprendente e fresco per gli abruzzesi, capace di spingerli a riscoprire in un’ottica inconsueta, persino provocatoria, la straordinaria ricchezza culturale e umana che li circonda, la rara bellezza di un paesaggio naturale che ci rende famosi nel mondo.



Per scrivere un libro come questo, oltre alle tue esperienze e ai tuoi ricordi, hai svolto delle ricerche. Qual è stata la scoperta più inaspettata?



Spesso quel che emoziona affiora dal modo in cui percepiamo più che dalle cose. Guardare non sempre è vedere. Perciò è stato prezioso per me scoprire che la poesia di Rocca Calascio è racchiusa nel vento che la disfa e accarezza, che le vibrazioni segrete di Bosco Martese accendono ancora i miei timori ancestrali, che il rosso dello zafferano è la proiezione del desiderio di una dea, che nella ricetta di un dolce assaggiato a Roseto o scoperto a Pescara può celarsi una metafora della vita. E’ per esempio bellissimo accorgersi, dopo anni di studi sul femminile e sulla cultura gender, che la sintesi perfetta dell’essere donna è lo sguardo indimenticabile di Mila di Codro, o che i segreti del mare si condensano muti nella rarefatta inquietudine dei caliscendi. Ho capito che ogni città ha una sua anima, e interpreta il mondo attraverso la sua vocazione dominante: questo spiega perché Lanciano e Ortona, Sulmona e Giulianova, Chieti e Pescara, Teramo e L’Aquila siano così differenti. Certo, i paesi della costa e quelli dell’interno sembrerebbero differenti per definizione, ma il bello è che tutti i luoghi legati al mare, come quelli protetti dalle montagne, assumono qui una loro distintiva identità. Il mare è versatile dalle nostre parti: spiagge d’argento, lunghe dune, scogliere oggetto di discussione infinita, spogli trabocchi, golfi dorati… e così la montagna, perché la materna Maiella non è vezzosa o seduttiva come la Bella Addormentata. La sorpresa più appagante è addentrarsi in questa diversità stupefacente, laddove non la si immaginava, nell’indole dei territori, nei loro respiri autentici e antichi.



Hanno scritto infatti del libro che è una “pennellata originale sulla nostra regione” (L’Opinionista), e qualcuno ha addirittura parlato di un Abruzzo delineato come “il migliore dei mondi possibili” quasi (Il Centro).



Non esistono mondi migliori, esistono mondi. Che sono appunto originali, tutti diversi. L’amore non si può nascondere, tanto meno quello per i propri luoghi d’origine, ma l’amore non rende acritici o ciechi, penso piuttosto che conceda tra i suoi doni l’acutezza della vista, e del discernimento. La bellezza, scriveva Simone Weil, sarebbe inutile estetismo se non suggerisse, nella profondità che la caratterizza, anche il suo contrario. Poiché l’autentica bellezza è dialettica, non mancano dunque nel libro mie allusioni a certe nostre debolezze endemiche, come l’indifferenza con cui finiamo per accondiscendere a talune istallazioni o opere artistiche di discutibile gusto, la fatale rassegnazione storica con cui subiamo laceranti esperienze da mezzi di trasporto borderline…



L’Abruzzo di ieri e l’Abruzzo di oggi. C’è una continuità storica ancor oggi riscontrabile o un gap che fatichiamo ancora a identificare?



Ho scritto questo libro in un momento molto difficile per la nostra regione.



Di un disastro terribile come quello del terremoto, con tutte le conseguenze e le perdite che ha comportato, si può superficialmente attribuire la colpa a Madre Terra, ma in questi ultimi anni abbiamo anche assistito a scandali più imputabili all’uomo, politici, sanitari, amministrativi… Mi tocca profondamente per esempio il fatto che spesso molti dei nostri giovani più promettenti, preparati, talentuosi, come succede in altre parti d’Italia, vadano via dall’Abruzzo, oggi come ieri. Il dramma de L’Aquila sarebbe infatti adesso se la città si svuotasse delle sue giovani generazioni, dei cittadini di domani. La Storia ci indica forse la giusta prospettiva, e se si considera quanti paesi furono abbattuti dai terremoti in Abruzzo nel corso del tempo, quante abitazioni ricostruite, quanti quartieri rasi al suolo dalle bombe delle guerre e poi riedificati con incredibile energia, allora dalla continuità, dall’esperienza dei tempi antichi, si può trarre rinnovata forza, tenacia, perché il passato della nostra terra ci insegna che ci si può sempre rialzare. Nel Terzo Millennio, ora che la differenza tra le periferie e i centri del mondo si affievolisce, e spostarsi diventa quasi superfluo, visto che Internet ci collega a tutto e tutti, la sfida è tuttavia ancora quella che i nostri nuovi d’Annunzio, Silone, Ovidio, giusto per non allargarsi alle scienze o all’economia, traggano importanti motivi d’ispirazione dai propri luoghi di origine, e avvertano il desiderio di restarvi. Se il villaggio globale s’impone, l’appartenenza, le radici, assumono grande valore. La nostra impronta antropologica era nota fin dai tempi degli antichi romani, quindi la continuità ci preserva, ma deve orientarci oggi la consapevolezza che anche restando in Abruzzo possiamo fare cultura, ricerca, progettare, costruire, innovare, e in chiave cosmopolita, alta.



Qual è il modo ideale per leggere questo libro? Da quale voce è consigliabile iniziare?



Non considerate rigorosa la suddivisione per province, perché il libro non la rispetta, nel senso che i tour trasversali, come quelli enogastronomici o tematici, prendiamo il tour dei canyon, dei parchi o il tour medioevale, si riferiscono al territorio dell’intera regione. Magari una lettura random può meglio ispirare per una gita, per un’esplorazione. Se invece avete già le idee chiare, identificherete chiaramente le voci dedicate alla forma di esperienza da voi prediletta: il turismo dell’anima, il turismo del mistero, il turismo romantico, il turismo del palato, il turismo avventuroso o elegiaco, nostalgico… Le cose da fare spaziano in ogni direzione: si va dal “Premunirsi contro i vampiri” all’“Innamorarsi”! Di certo l’uso più improprio del volume, per quanto vagamente pedagogico, mi è stato riferito solo qualche giorno fa e ammetto di non averci mai pensato: qualcuno ha avuto l’idea di intrattenere irrequieti bambini leggendo gli incipit delle voci e facendo loro indovinare i luoghi descritti. Davanti a tale creatività da parte dei lettori… chapeau!

fonte: http://www.abruzzocultura.it/0016950_101-cose-da-fare-in-abruzzo-almeno-una-volta-nella-vita/

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