domenica 2 gennaio 2011

Italia Antiqua: Abruzzo

Da un punto di vista etno-storiografico, ancora al giorno d’oggi è piuttosto complesso risolvere i numerosi problemi che ha sollevato e che continua a sollevare la situazione antica dell’attuale Abruzzo.


Benché, ben documentato, dai contorni piuttosto chiari, ma non nitidi, il sistema regionale abruzzese riporta ad un’unità sostanziale che giunge fino a noi.

I problemi si sollevano nel momento in cui si voglia “sezionare” la regione stessa, poiché appare unitaria nei costumi, negli usi, nelle divinità ed in tutte le manifestazioni totalmente similari tra loro, ma fondamentalmente appare divisa politicamente in almeno 6 popoli o, come vengono definiti per la prima volta in ambito italico, tribù maggiori.

Vestini, Marsi, Marrucini, Frentani, Peligni e Pretutti sono popoli che, se si escludono piccolissime “intromissioni” sannite ed eque, si trovavano interamente all’interno del territorio abruzzese.

Tuttavia, ora è possibile districare parte della matassa etnica con una principale suddivisione dell’area: si è notato un termine di distinzione tra il settore più orientale e quello più interno.

-Il primo sembra essere di stampo o tipo c.d. “piceno”, secondo alcuni addirittura preindoeuropeo, e che, compreso tra i picchi dell’Appennino e il Mar Adriatico, si sarebbe spinto dalla Romagna alla Puglia e di cui avrebbero fatto parte i Piceni propriamente detti, i Praetutti, i Marrucini, i Vestini e i Frentani.

-Il secondo, che comprende la conca peligna e le valli del Tirino e del medio Aterno e le vaste conche interne come quella marsicana e l’alta aternina.

Probabilmente, così come già gli antichi presupponevano, la parte costiera dovette essere luogo d’arrivo di genti il liriche, mentre quelle più interne erano sede di popoli sabelli di ceppo italico.

I Pretuzi saranno sempre legati alle sorti dei Piceni, e come tali saranno assimilati in futuro, occupando il litorale alle spalle del Gran Sasso (Mons Fiscellus), dal Tronto all’Aterno.

I Marrucini di stirpe sabellica, occupavano la riva destra del basso Aterno, ancor prima dei tempi storici, ossia prima che i Sanniti scendessero lungo la valle del Frentus (Fortore), avrebbero occupato tutta la costa fino al confine apulo.

I Peligni, risalite le strettoie dell’Aterno, oggi gole di San Venanzio, sboccarono nella breve conca subequana, rimanendo relegati nella vasta conca di Sulmona, loro capitale, dove istituiranno il loro centro nel celebre santuario di Ercole Curino (o Quirino).

I Vestini, anch’essi di lingua sabellica, occupavano una vasta area lungo le valli dell’Aterno e poi quella del Tirino, benché la loro capitale, Pinna, si trovasse a ridosso dell’Adriatico e dei Pretuzii, raggiungendo il mare forse spinti dal commercio del sale; il loro nome prendeva spunto dal loro dedizioso culto nei confronti della dea Vesta.

I Marsi, e forse un loro sottogruppo, gli Aequicoli, abitavano la regione detta ancora oggi "Marsica", intorno al Lago Fucino e s’incuneavano nel Lazio fino alle porte di Roma.

I Sanniti Pentri e Caraceni che detenevano il cuore dell’Appennino campano e molisano, nel V sec. a.C. i Sanniti, per cause sconosciute iniziano una frenetica espansione, verso il Tirreno attraversano il Matese e invadono la Campania; mentre verso l’Adriatico, s’insinuano nei bacini dei fiumi Sangro, Tifernus (Biferno) e Frentus (Fortore), da qui verranno chiamati Frentani, occupando una fascia costiera dall’Aterno, relegando più a nord i Marrucini.

A parte l’epoca mitica dei re, Roma incontra sul suo cammino le popolazioni “abruzzesi” nel 325 a.C., quando chiamata da Lucera contro i Sanniti. Le legioni passano attraverso le strette ma veloci valli, fino al litorale adriatico, ostacolati dai soli Vestini.

Ad un anno dalla sconfitta di Caudio (320 a.C.), con un atteggiamento piuttosto tracotante, Roma riattraversa l’Abruzzo ma, neanche questa volta, i Frentani riescono a fermare le legioni.
Nella Prima Guerra Sannitica dal 313 a.C., le vicende spingono tutte le popolazioni osco-sabelliche a schierarsi al fianco sannita, dopo una stentata neutralità.

Dal 308 a.C. Peligni, Marrucini e Marsi dichiarano guerra a Roma che già due anni dopo ha ragione dei nemici, assicurandosi il transito nel loro territorio, fino alla definitiva sconfitta nel 304 a.C.

Alla fine della Seconda Guerra Sannitica, i Romani avevano sottomesso tutte le popolazioni dell’attuale Abruzzo.
Nel 294 a.C. i Marsi si ribellano a Roma contro l’istituzione della colonia latina a Carseoli, subendo una sconfitta definitiva.

Da questo momento in poi tutte le popolazioni rimarranno sempre fedeli a Roma, soprattutto sui campi di battaglia con le “forniture” di grandi quantitativi di agguerritissimi soldati, contro Pirro, contro i Galli e contro Annibale fino alla fine della Seconda Guerra Punica, nonostante la pressione sia reale che psicologica effettuata da Annibale.

Un paragrafo a parte merita la questione della Guerra Sociale ossia degli alleati italici contro Roma stessa.

I continui tributi di uomini, di questa regione, voleva essere compensata dall’acquisizione del privilegio della cittadinanza romana. Tutte le “tribù” della regione si unirono in una rivolta estremamente violenta contro i Romani, probabilmente come esplosione di una situazione già da tempo sotto pressione.

Nel 91 a.C. Piceni, Marsi, Sanniti, Frentani, Peligni e Marrucini, a cui si aggiunsero poi tutti i popoli dell’Italia peninsulare, si unirono nella Lega Italica, scelsero Corfinio, ribattezzata "Italia", come capitale della nuova confederazione da opporre a Roma e dotata di strutture analoghe, schierarono un esercito di 100.000 uomini e coniarono anche monete che sancivano la creazione di uno stato, interno, parallelo e indipendente da Roma.

-I Frentani erano guidati dal pretore Caio Pontidio, i Marrucini da Herio Asinio,
-i Vestini da Tito Lafrenio,
-mentre i Marsi erano condotti da Quinto Popedio Silone e furono gli unici a consegnare una formale dichiarazione di guerra ai Romanica cui la guerra fu detta "Sociale" o anche "Marsica".

La guerra ebbe due fronti, il sabellico e il sannita.

Dopo iniziali vittorie, i soci vennero battuti dapprima nella Mársica e quindi nel Piceno, e la capitale fu di conseguenza trasferita da Corfinio a Isernia e quindi a Bovianum, la cui presa segnò l’ultima definitiva sconfitta degli Italici.

Nonostante la vittoria assoluta di Cneo Pompeo Strabone, padre di Pompeo Magno, Roma fu costretta dalla situazione a promulgare la Lex Plautia Papiria e ad estendere la "civitas romana" a tutti gli Italici.

Nella divisione augustea dell'Italia l'Abruzzo, con il Molise, a eccezione del Teramano, fece parte della Regio IV, denominata Sabina et Sannium; questa fu la premessa per il definitivo ingresso nel sistema di Roma, sancito dalla concessione della cittadinanza (nella prima metà del I secolo d.C.).

Simbolo della grande tenacia e combattività di tutti i Popoli d’Abruzzo rimane oggi una meravigliosa statua di guerriero detto di Capestrano, dal luogo del rinvenimento.

fonte: http://www.instoria.it/home/italia_antiqua_XIII.htm

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